Negli ultimi anni, l’attenzione delle autorità sanitarie si è focalizzata in modo crescente sulla presenza di sostanze PFAS nei prodotti ittici. Questi composti chimici, noti per la loro straordinaria persistenza nell’ambiente, sono stati rinvenuti in numerose specie di pesci, crostacei e molluschi, suscitando notevoli preoccupazioni sia per la sicurezza alimentare sia per la tutela della salute pubblica.
Presenza di PFAS nei pesci, molluschi e crostacei
I PFAS rappresentano una vasta famiglia di composti chimici impiegati in molteplici processi industriali e nella produzione di beni di largo consumo, grazie alla loro resistenza a calore, acqua e agenti chimici. Proprio questa caratteristica li rende estremamente difficili da degradare: una volta dispersi nell’ambiente, possono persistere per decenni o addirittura secoli, motivo per cui vengono definiti “inquinanti eterni”.

La loro presenza nelle acque marine e interne è stata documentata in diverse regioni italiane, tra cui Veneto, Toscana ed Emilia Romagna. In queste aree, i monitoraggi ambientali hanno evidenziato livelli allarmanti di contaminazione in alcune specie ittiche, come cefali e crostacei, segnalando una diffusione capillare dei PFAS nelle acque costiere, nei corsi d’acqua e nei sedimenti.
Di conseguenza, anche la fauna marina risulta contaminata. Studi condotti a livello internazionale hanno confermato la presenza di PFAS in pesci di largo consumo come merluzzo, salmone e tonno, con concentrazioni particolarmente elevate nei crostacei. In Veneto, inoltre, è stata individuata una “zona rossa” caratterizzata da un’elevata esposizione ai PFAS, che interessa non solo le acque destinate all’uso alimentare, ma anche quelle per uso domestico.
Le conseguenze per la salute pubblica
Numerose ricerche scientifiche hanno ormai evidenziato i potenziali effetti nocivi dei PFAS sulla salute umana. Questi composti possono interferire con il sistema endocrino, alterare i livelli di colesterolo e aumentare il rischio di sviluppare patologie gravi, tra cui alcuni tipi di tumore e disfunzioni del sistema immunitario. I PFAS tendono ad accumularsi nell’organismo, dove possono permanere a lungo.

Alcune categorie della popolazione, come bambini e donne in gravidanza, risultano particolarmente vulnerabili agli effetti dei PFAS. L’EFSA ha evidenziato che uno degli impatti più preoccupanti è la riduzione della risposta immunitaria ai vaccini pediatrici, che comporta una maggiore suscettibilità alle infezioni.
Ulteriori studi suggeriscono una possibile correlazione tra l’esposizione precoce ai PFAS e disturbi dello sviluppo neurocomportamentale, come deficit di attenzione, difficoltà cognitive e alterazioni comportamentali. Sono state inoltre ipotizzate associazioni con squilibri endocrini, in particolare a carico della funzione tiroidea, fondamentale per il corretto sviluppo nei primi anni di vita.
Il ruolo delle autorità competenti
Il Ministero della Salute, in sinergia con le agenzie regionali per la protezione ambientale, ha rafforzato i controlli sulla presenza di PFAS nei prodotti ittici e nelle acque. Attraverso il Piano Nazionale per la Ricerca dei Residui, vengono effettuati regolari campionamenti per monitorare i livelli di contaminazione e garantire la sicurezza degli alimenti.

Inoltre, il sistema rapido di allerta per alimenti e mangimi consente una tempestiva diffusione delle informazioni relative ai rischi per la salute derivanti da alimenti contaminati. Grazie a queste procedure, le autorità possono coordinarsi efficacemente per il richiamo e il ritiro dal mercato dei prodotti non conformi, riducendo così l’esposizione della popolazione a sostanze pericolose.
Le istituzioni sono inoltre impegnate nell’elaborazione di limiti normativi specifici per la presenza di PFAS negli alimenti, basandosi sulle evidenze scientifiche fornite dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare. L’adozione di standard uniformi a livello europeo rappresenta un passo fondamentale per assicurare un adeguato livello di protezione della salute pubblica e promuovere il consumo di alimenti sicuri.
Raccomandazioni per i consumatori
Di fronte alla problematica legata ai PFAS, è fondamentale che i consumatori adottino comportamenti consapevoli per ridurre l’esposizione a queste sostanze chimiche persistenti. È opportuno limitare o evitare il consumo di pesci e prodotti ittici provenienti da aree note per l’elevata contaminazione da PFAS, seguendo le indicazioni fornite dalle autorità sanitarie competenti.

Si raccomanda inoltre di variare la dieta, includendo diverse fonti proteiche, e di prestare attenzione alla provenienza dei prodotti ittici acquistati. Evitare il consumo di alimenti provenienti da zone a rischio di contaminazione da PFAS è essenziale per prevenire le possibili conseguenze negative sulla salute. Questi composti, infatti, tendono ad accumularsi nell’organismo proprio a causa della loro elevata persistenza ambientale.
I PFAS non si degradano facilmente e si depositano nei tessuti, in particolare nel fegato, nei reni e nel sangue, dove possono rimanere per molti anni. L’esposizione prolungata a queste sostanze può provocare effetti dannosi sul sistema endocrino e immunitario, alterazioni metaboliche e cardiovascolari, oltre ad aumentare il rischio di sviluppare patologie oncologiche.